-dal 7 al 15 Ottobre-

Protettore delle mamme e dei bambini

Introduzione
La pietà cristiana ha tenuto sempre in grande considerazione la pratica della novena di preghiere. Nove giorni di impegno particolare, tempo di riflessione e meditazione, tempo di verifica del proprio “essere” cristiano. E’ consuetudine “fare la novena” per prepararsi a una festa importante o quando si vuole ottenere una grazia. Lo scopo di questa novena in onore di san Gerardo è dare un aiuto ai fratelli nella fede nel proporre una crescita-esperienza di Cristo con san Gerardo. Il Santo ci addita Cristo, essendone lui “viva immagine”.  L’ordine seguito per ogni giorno è il seguente:
– san Gerardo ci guida facendoci una proposta di fede.
– lettura tratta dagli scritti del Santo.
– pausa di riflessione e verifica personale.
– preghiera ispirata alla lettura.

Primo giorno
Dio chiamò, Gerardo disse “si”

Il santo è l’uomo che dice sempre “sì” a Dio. Nel battesimo diventa “chiamato”, “scelto” da Dio, per rendere testimonianza alla verità. Il santo, alla chia­mata, alla scelta, risponde generosamente “sì”.
Dio chiamò Gerardo Maiella a risplendere nella sua Chiesa. Nacque a Muro Lucano (PZ) il 6 aprile 1726. Nello stesso giorno ricevette il battesimo ed il primo invito alla santità. Il 5 giugno 1740 ricevette la cresima e decise di far agire lo Spirito Santo che era in lui. Ma Dio lo volle ancora più in alto quale faro di luce al mondo intero chiamandolo alla vita religiosa. “Mamma, vado a farmi santo”, lasciò scritto. Seguì fedelmente la voce del Signore, che gli apriva la via del cielo. Gerardo seppe ripetere il suo “sì” a Dio anche nel periodo più nero della sua vita. Fu, per lui, il venerdì santo: una calunnia infame abbattutasi su lui fece risplendere di vivida luce la sua santità. In questo arco di tempo fu affidato alle cure del padre Giovenale con “ordine che avesse seguitato a tenerlo mortificato”. P. Giovenale cono­sceva Gerardo da lungo tempo, quando era novizio a Deliceto (FG). Lo invitò a scrivere il diario spiri­tuale. Gerardo con semplicità gli consegnò il reso­conto della sua vita. Dopo aver enumerato le dure penitenze di ogni giorno, espresse “i sentimenti più vivi del cuore”. Scrisse tra l’altro: “Una volta ho la bella sorte di farmi santo e se la perdo, la perdo per sempre. E se una volta ho la fortuna di potermi far santo… Dunque che mi manca a farmi santo? Ho tutte le occasioni favorevoli a farmi santo. Via su, dunque, mi voglio far santo. Oh quanto importa il farmi santo! Signore, che pazzia è la mia? Fratello Gerardo, risolviti con darti tutto a Dio”.

(Pausa di riflessione)

– Mi comporto sempre da figlio di Dio?
– So dire il mio “Sì ” al Signore che mi chiama?
– Ricambio in bene a chi mi fa del male?

L’invito alla santità è rivolto ad ogni battezzato. L’esempio di san Gerardo è richiamo ad un impe­gno ed è sprone a corrispondere. Dio che vuole tutti salvi dona a ciascuno le grazie necessarie perché corrisponda alla vocazione e realizzi il progetto di Dio .
Preghiamo: O Signore, nostro Padre, tu arricchisti l’anima del tuo servo Gerardo di tanta luce e di tanta grazia da fare della sua vita un perenne “sì” al tuo amore ed alla tua volontà. “Sì” durante tutta la vita, “sì” in morte, accettata per amor tuo, nella visione della Madre celeste. Concedi anche a noi di essere generosi alla tua chiamata ed alla tua scelta con un “sì” perenne e gioioso alla tua volontà.

Secondo giorno
Il “sì” che diventa amore

L’amore a Dio radicalizza tutto nella vita del cristiano. Esso pone sotto un denominatore comune le azioni del giorno; fa sì che l’ago magnetico del suo vivere e del suo pensare sia sempre rivolto a Dio, principio e fine, alfa ed omega di ogni essere.
Meraviglia nella vita di Gerardo il numero dei miracoli da lui operati, ma il segreto della sua santità è nel suo amore a Dio. Non è bonomia nel nostro Santo farsi prendere per pazzo, lasciarsi percuotere dal capogiovane sarto o dal guardiano del duca di Bovino (FG), saper tacere, se calunniato o punito; non è esibizionismo dormire per terra, flagellarsi fino al sangue, prendere alla lettera gli ordini dei superiori. Tutto è conseguenza di un proposito che informa la sua vita: “Amare assai Dio. Unito sempre a Dio. Far tutto per Dio. Amare tutto per Dio. Patire assai per Dio”. La lettera, che citiamo, fu l’ultima scritta in ordine di tempo. E’ del settembre 1755, un mese prima della morte.

Il P. Caione, superiore e biografo del Santo, riporta la lettera con queste parole: “Lettera scritta dal letto, nella sua infermità, a Donna Isabella Salvadore, Oliveto”. Il padre Caione la definisce: “l’ultima sua gran­de lettera”. Vi è tutto Gerardo, in una delle luci più belle della sua vita, sempre con Dio e in Dio, con tutte le creature che amano Dio.

“Figlia mia, non c’è altro se non amare Dio solo e niente più. Perciò vi prego vi spogliate di tutte le passioni ed attacchi del mondo e v’unite e stringete tutta in Dio. Che bella cosa ad essere tutta di Dio! Lo sanno quelle benedette e beate anime che lo provano; provatelo voi pure e poi me lo direte. Che serve ad amare il mondo, se non per provare continuamente triboli ed ama­rezze? Or via, non ci vuole altro, il vostro cuore da oggi avanti ha da essere tutto di Dio ed in esso non ci ha da abitare altro che Dio solo; e quando vedete che vi vuole entrare qualche passione, o altra cosa, che non è di Dio, dite fra voi stessa: “Il mio cuore è preso, se l’ha pigliato Dio, il mio caro. Onde non vi è luogo per altri che non sia il mio Dio; perciò squagliate; sparite voi tutte che non siete il mio Dio, mio divino Sposo”.

(Pausa di riflessione)

– Oriento la mia vita sempre verso Dio?
– Scorgo la mano del Signore nella mia vita quoti­diana ?
– Sono coerente al mio “Credo” senza rispetto umano?

L’amore a Dio, che crea, redime e santifica è l’imperativo categorico che deve coinvolgere l’inte­ra vita. Con l’amore a Dio la vita vale la pena di essere vissuta, perché viene innestata nella vite fecondissima che è Cristo. Inserito a Cristo, il cristiano diventa figlio adottivo di Dio, proteso ai fratelli bisognosi di aiuto.

Preghiamo: Signore, Padre nostro, hai chiamato il tuo servo Gerardo alla carità perfetta. Animato dallo Spirito Santo ha consacrato a te la sua vita nella Congregazione del SS. Redentore e ha promosso la tua gloria nell’umile servizio di fratello coadiutore. Sul suo esempio rendici disponibili alla voce dello Spirito, perché nelle nostre mansioni cerchiamo ed amiamo te con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze.

Terzo giorno
“Far sempre, in tutto, la Divina Volontà”

Per Gerardo la volontà di Dio fu un “tesoro nascosto ed inapprezzabile”. Fare la volontà di Dio sulla terra è anticipare quello che fanno gli angeli ed i santi in cielo. E’ un tradurre in atto la preghiera di Gesù: “Sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra”. San Gerardo fece della volontà di Dio il suo pane quotidiano. Dio lo volle povero e Gerardo fu povero. Dio lo volle umile e nascosto e Gerardo, pur tra le lodi ed acclamazioni della folla, fu umile e nascosto. Dio lo volle operatore di miracoli e Gerardo passò la vita, a somiglianza di Gesù, “beneficando e sanando tutti”. Dio lo volle tisico a 29 anni e Gerardo accolse la volontà di Dio. Dio volle render­lo simile a Gesù, morto solo sulla croce e Gerardo avendo pregato nottetempo un suo confratello di recargli un bicchiere d’acqua, morì solo, con gli occhi illuminati dalla visione della Madonna. Medi­tiamo ciò che san Gerardo scrisse a suor Maria di Gesù nel monastero di Ripacandida il 24 aprile 1752.

Forse non è quel sommo Dio che tutto regge, e tutto permette?.. Forse non è sua sacrosanta volontà, quello che ciò non pare? Vi è forse un altro modo migliore di agire, per condurci alla nostra salvezza eterna? E quale altra cosa migliore può trovarsi, per dargli gusto, quanto far sempre, in tutto, la sua divina volontà? E che altro vuole da noi, se non la sua divina volontà, e che si faccia perfettamente, come vuole, dove vuole e quan­do vuole con lo stare sempre pronti in ogni minimo cenno?
Stiamo dunque indifferentissimi in tutto, a ciò sempre, in tutto possiamo fare la volontà di Dio, con quella somma purezza d’intenzio­ne, che Dio vuole da noi. Gran cosa è la volontà di Dio!… sei tu che tanto vali, quanto il mio caro Dio. E chi può mai comprenderti, se non il mio caro Dio?”

(Pausa di riflessione)

– Vedo la volontà di Dio in ciò che mi accade?
-Accetto con rassegnazione la volontà di Dio nelle contrarietà ?
– Ripeto spesso: Signore, sia fatta la tua volontà?
Questa dunque è la Regola d’oro per farsi santi: fare sempre la volontà di Dio. Penso non vi sia altra strada per l’autoaffermazione vera dell’uomo, oggi in cui l’uomo è posto al centro del pensiero e dell’agire. Solo nell’adempimento della volontà di Dio è la nostra pace.

Preghiamo: O Signore, nostro Dio, ti domandiamo di farci comprendere sempre più la necessità di vivere, facendo la volontà tua sempre e dovunque. Lo stesso Gesù ci ha insegnato id implorarla: “Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra”. San Gerardo, tuo servo, ebbe a cuore di adempiere sempre il tuo volere, sino a farne il programma della sua vita. “Qui si fa la volontà di Dio, come egli vuole e per tutto il tempo che a lui piace”. Per intercessione di san Gerardo, donaci questa grazia! Interceda presso di te, o Signore, la madre nostra Maria, perché ne comprendiamo l’importanza e viviamo, facendo la tua volontà in tutti i giorni della nostra vita.

Quarto giorno
In continua orazione e contemplazione

Il santo non crea la realtà, ma ad essa dà luce, perché possa essere vista nella giusta angolatura, che è l’ottica di Dio.
Ogni gesto, ogni azione, ogni cosa creata è per lui occasione buona per elevare la sua mente a Dio in devota e umile preghiera. Le bellezze del creato, il sorriso dei bimbi gli richiamano la bellezza di Dio, il sorriso di Dio. Gli stessi peccatori gli ricordano la pazienza e la misericordia del Signore e spontanea­mente sgorga dal suo cuore un atto di amore e di domanda fiduciosa per la loro conversione.
E’ di esempio san Gerardo. Egli prega, quando sta in chiesa a colloquio con Dio, e prega durante il suo lavoro. Apprendista sarto, o umile coadiutore redentorista, frate cercatore o impegnato in cucina o in portineria, non smette la sua abituale contemplazione. Anche i servizi più umili lo avvici­nano a Dio, perché tutto compie in unione a Cristo, per adempiere il disegno della sua volontà. Nel “Regolamento di vita” san Gerardo ci dona una lezione preziosa sulla preghiera. Anche se l’ori­ginale del manoscritto è andato perduto, è giunto fino a noi in una trascrizione fatta dal P. Celestino De Robertis, amico del Santo, nell’ottobre 1768. Il Santo scrive:
“Metti giudizio e pensa che non ti faresti santo collo stare solo in continua orazione e contemplazione. La migliore orazione è stare come piace a Dio: esser franto al divino vole­re, cioé in continui impieghi per Dio. Questo vuole Dio da te. Non metterti soggezione di te stesso e di tutto il mondo. Basta solo avere Dio presente nei detti impieghi e d’essere sempre in Dio. Veramente quando si fa per Dio solo, tutto è orazione”.

(Pausa di riflessione)

– Prego mattina e sera?
– Rispetto il nome del Signore, della Madonna, dei santi ?
– Partecipo sempre alla messa festiva?

Il santo prega, santifica le sue azioni, trasforma il suo lavoro in elevate aspirazioni dell’anima, che lo pongono a contatto continuo e diretto con il Padre del cielo. Chi ama Dio è in sintonia con Dio Padre e diventa uomo di preghiera. Trasforma le occupazioni della vita, che sono anch’esse un dove­re, in continua preghiera; “queste occupazioni di­ventano spirituali sacrifici, graditi a Dio” (Lum. Gent. N 34).

Preghiamo: O Signore, Padre nostro, hai effuso nel tuo servo Gerardo tale spirito di preghiera, da ren­derlo “uomo tutt’ intero di preghiera”. Egli era assor­to in te; a te elevava la realtà quotidiana, fatta di umili cose, di umili lavori. La preghiera fioriva sul suo labbro, come il sorriso sul volto del bimbo. Il miracolo seguiva la preghiera ed era il sigillo che tu ponevi alla sua preghiera. Fa’ che anche noi preghia­mo sempre, come Gesù ci ha raccomandato: “pre­gate sempre e non vi stancate”.

Quinto giorno
“Il mio Carcerato d’amore”

L’Eucaristia è il centro della Chiesa, del culto, dei sacramenti. Nell’Eucaristia Gesù realizza il suo disegno di amore: restare con gli uomini sino alla fine dei tempi per essere il cibo, la luce, la forza, il compagno, il viatico degli uomini.
Gerardo Maiella attinse i frutti della Redenzione vivendo in contatto continuo con l’Eucaristia. Fin da bambino amava restare in chiesa molte ore per far compagnia al suo “Carcerato d’amore” . Gerardo ebbe il privilegio di ricevere la Prima Comunione dall’Arcangelo san Michele. Gesù ave­va in Gerardo un compagno assiduo nelle ore del giorno e della notte. A lui Gerardo parlava come ad un amico, a lui esponeva le necessità anche materia­li in cui versava, e Gesù rispondeva sempre al suo servo fedele, qualche volta anche col miracolo. Da religioso amava l’incarico di sacrista, perché gli dava l’opportunità di stare più frequentemente in chiesa. Nei giorni tristi della calunnia la pena più grande per Gerardo fu di non poter partecipare alla Comunione che gli era stata vietata per punizione. Ma egli offrì queste pene e se stesso sull’altare con Cristo, che lo trasformò progressivamente in lui. La lettera, che riportiamo, del 17/12/1751, fu diretta a suor Maria di Gesù. Erano due anime profondamente spirituali, li legava una profonda amicizia, cementata dalla loro consacrazione a Dio. “Grande idea aveva Gerardo di questa religiosa e sommo concetto facea di lui la madre suor Maria… e non sembravano che due serafini…”. (P. Tannoia, biografo del Santo). “Le Comunioni da una parte mi sono state di somma consolazione e da un’altra parte di gran confusione, pensando alla infinita bontà di Dio in aver impegnato le sue care spose per la salvezza di chi tante volte, ingratamente l’ha offeso…  La prego di dire, per amore di Gesù Cri­sto, a quella mia sorella che indegnamente farò la santa Comunione secondo desidera, affinché si faccia santa con l’aiuto di Dio” .

(Pausa di riflessione)

-Santifico la festa?
– Partecipo con frequenza alla confessione e co­munione?
– Visito Gesù nel SS. Sacramento?

Il mistero eucaristico è il centro della vita cristiana. Gesù Cristo ci ha amati e si è donato alla morte per noi; il suo amore lo ha spinto a farsi nostro cibo, per stabilire una perfetta unione con lui. La santa Messa nel ripresentare il sacrificio della croce, compiuto da Cristo, memoriale della sua morte e risurrezione, costituisce il sacro Convito del suo Corpo e del suo Sangue, al quale il popolo di Dio partecipa con la santa Comunione. La Comu­nione al Corpo di Cristo ci trasfonde la sua stessa vita.

Preghiamo: O Signore, nostro Padre, noi crediamo nel mistero del Corpo e Sangue di Gesù presente nell’Eucaristia. Crediamo e adoriamo! Soprattutto facciamo la nostra Comunione, dietro l’invito di Gesù, perché rinvigoriti da questo Pane, possiamo continuare il nostro cammino di salvezza. San Gerardo fu il serafino dell’Eucaristia; la sua vita scorreva in atteggiamento di perenne adorazione, di continua comunione col Figlio tuo. Fa’, o Padre nostro, che noi ci accostiamo alla Mensa degli angeli col medesimo ardore di san Gerardo, affinché un giorno possiamo vederti ed amarti non più sotto le specie eucaristiche, ma svelatamente in cielo.

Sesto giorno
L’Eucaristia ci affratella

L’Eucaristia è comunione con Dio, Padre di tutti, e porta alla comunione con gli uomini, nostri fratelli in Cristo. L’amore ai fratelli è il termometro preciso, che segna il grado di caloria del nostro amore a Dio; è la carta d’identità, l’unica valida, che ci fa discepoli di Cristo: “In questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete l’un l’altro”. San Gerardo amò tutti i fratelli, perché in cia­scuno vedeva l’immagine e la somiglianza di Dio. Amò i fratelli, perché redenti dal Sangue di Cristo; amò i fratelli, perché santificati dallo Spirito Santo: tutti in cammino verso il grande appuntamento con il Padre celeste. Amò i fratelli sofferenti nell’anima: al cercatore di tesori additò il Crocifisso, unico tesoro. Ai sacrileghi additava la grazia divina, da riacquistarsi col sacramento della penitenza; alle anime consacrate a Dio mostrava la strada della perfezione. Amò i fratelli sofferenti nel corpo: ecco gli affamati ristorati, i nudi vestiti, i ciechi consolati, i naufraghi guidati alla riva. Un aspetto di questo amore è scusare i difetti, ammonire i mormoratori, usare diligenza e delicatezza con tutti.

Leggiamo questa pagina dai propositi di san Gerardo: “Non accuserò o dirò i difetti degli altri, nemmeno per ischerzo. Sempre scuserò il mio prossimo ed in lui considererò la stessa persona di Gesù Cristo, quando veniva in­nocentemente accusato da quegli ebrei e lo farò specialmente in sua assenza. Avviserò ognuno, ancorché fosse lo stes­so nostro padre Rettore Maggiore, quando dice male del prossimo. Tratterò con ogni diligenza per sfuggire ogni occasione di fare impazientire il mio prossimo. Quando io mi accorgerò di qualche difetto commesso dal mio prossimo, avvertirò ben io di non avver­tirlo in presenza di altri, ma tra me e lui, con tutta carità e voce bassa. Quando vedrò il bisogno di alcun padre o fratello, io lascerò il tutto, per aiutarlo, purché non ci sia obbedien­za in contrario”.

(Pausa di riflessione)

– Amo i miei fratelli per amore di Dio?
– So amarli nei loro bisogni materiali e spirituali?
– So scusarli e perdonarli nei loro difetti e scortesie?

L’amore di Dio e del prossimo è il primo co­mandamento e il più grande. La Sacra Scrittura infatti ci insegna che l’amore a Dio non può essere separato dall’amore al prossimo, e tutti gli altri precetti sono compendiati in questa frase: “Amerai Dio sopra ogni cosa e il prossimo tuo come te stesso “. La pienezza, perciò, della legge è l’amore. Preghiamo: O Signore, Padre nostro, hai voluto il tuo servo Gerardo apostolo di carità verso i fratelli, e lo hai costituito consolatore degli afflitti, angelo di conforto. Donaci disponibilità per comprendere i bisognosi, coraggio nel soccorrere i poveri, amore nell’accogliere gli emarginati riconoscendo in tutti il volto del tuo Figlio.

Settimo giorno
“Star inchiodato su quest’amara croce”

Il dolore!… questo problema che travaglia l’uo­mo sembra nato con lui agli albori dell’umanità. Eppure ci fu un tempo in cui l’uomo fu felicissimo, perché uscito di fresco dalle mani di Dio, sorgente di ogni felicità. L’uomo gustò la felicità nell’amicizia di Dio. La Bibbia Sacra con una immagine plastica e bellissima ci presenta Dio che a sera conversa amichevolmente con i nostri progenitori. Venne il peccato, ed a somiglianza d’un uragano, tutto di­strusse e prima fra tutto, la felicità. Ecco il dolore con tutta la gamma delle pene, degli strazi, delle lacerazioni. Dio non maledisse il dolore, ma lo elevò a mezzo di salvezza e, nell’Eden, ad Adamo ed Eva, contrap­pose Gesù e Maria, che redimeranno l’umanità con l’accettazione amorosa della sofferenza e del marti­rio del corpo e del cuore. San Gerardo abbracciò il dolore, lo redense con Cristo Redentore; di esso fece una leva potente di fraternità in Dio. Dolori nel cuore, dolori nella carne, dolori nello spirito: san Gerardo crocifisso con Cristo Crocifisso. Il padre Capone redentorista definisce la lettera che riportiamo la più grande lettera del Santo. Dalla lettera a madre Maria di Gesù, del 7 ottobre 1754.

“Sono tanto acerbi i miei dolori che mi danno spasimi di morte. E quando mi credo di morire in punto mi ritrovo vivo, per essere più afflitto e dolorato… Benedetto sia sempre Egli, che mi fa tante grazie, che, in cambio di farmi morire sotto ai suoi santi colpi, più mi dà vittoria di vita, per darmi sin gli tormenti, acciò sia imitatore del mio divin Redentore. Egli è mio Maestro, io suo discepolo. Giusta­mente che io devo da lui imparare ed eseguire le sue divine pedate. Ma ora non cammino e non ho moto, ritrovandomi su, con esso, in croce e mesto ed in inspiegabili patimenti. Per me si perse la lancia, per darmi morte! E’ il mio patibolo, là obbedisco a ritrovarla, per ottenere vita nel patire. Tutti par che mi hanno abbandonato. Ed io allora, per essere nello mio stato, (dico): questa è la volontà del mio celeste Redentore, di star inchiodato su d’est’amara croce. Chino il capo e dico: que­sta è la volontà del mio caro Dio. lo l’accetto e ne godo di far quanto lui comanda e dispo­ne”.

(Pausa di riflessione)

-Accetto la malattia dalla mano di Dio?
– So vedere il dolore come mezzo di redenzione?
– So aiutare gli altri nelle loro malattie o necessità?

L’uomo, toccato dal dolore, cerca una risposta; spesso si perde nel ginepraio delle risposte, che non raggiungono la causa ultima del suo essere. La risposta più valida la offre il Crocifisso: Gesù innocente che soffre. La sua sofferenza è la reden­zione dell’umanità. Per i dolori di Cristo noi tutti siamo stati guariti. Il dolore è il passaggio stretto ed obbligato per l’ingresso alla felicità del cielo. Ecco le parole di Cristo ai suoi discepoli di Emmaus: “Non sapevate voi che il Cristo doveva patire e morire e così entrare nella sua gloria?”

Preghiamo: O Signore, Padre nostro, hai reso il tuo servo Gerardo paziente nelle avversità, austero nella penitenza, gioioso nelle tribolazioni; ottienici di valorizzare i dolori che la vita ci offre come efficace mezzo di santificazione personale e di collaborazio­ne con Cristo tuo Figlio alla salvezza del mondo.

Ottavo giorno
Fratelli nella gioia

Il vangelo è il messaggio della gioia, è pro­clamazione della gioia, quella vera che affonda le radici nel cuore di Dio. Gioia cantano gli angeli sulla culla del santo Bambino nella notte del Natale; gioia cantano gli angeli sulla tomba vuota del Cristo Risorto all’alba del giorno di Pasqua, gioia porta Cristo alla casa di Zaccheo, gioia alla casa di Giairo, gioia nella casa della povera vedova alla quale risuscita l’unico figlio, gioia nella famiglia amica a Betania quando risuscita l’amico Lazzaro già da quattro giorni nel sepolcro e lo restituisce alle sorel­le Marta e Maria. Gioia infonde Gesù alle folle quando accarezza e benedice i bambini che l’attorniano, gioia quando sfama le folle che lo seguono. Di gioia riempie i cuori delle anime quando dice alla Maddalena: “ti sono rimessi i tuoi peccati”; alla donna peccatrice “neppure io ti condanno, va’ e non peccare più”. Gerardo sull’esempio di Gesù, vive nella gioia e spande gioia intorno a sé. Alle anime consacrate che vivono nella tiepidezza ridona la gioia del fervore. Al contadino di Corato (BA), disperato perché i topi divorano il raccolto del suo campo, con un segno di croce libera quel campicello dai topi e fa riapparire sul volto del contadino il sorriso e la gioia che gli fa gridare colmo di felicità: “fermati uomo di Dio!”

Con una mano riporta a riva nel golfo di Napoli una barca, divenuta nelle sue mani “un fuscello”. Sui volti di tanta gente, che assiste impotente sulla banchina, all’imminente tragedia, ricompare la gio­ia. Restituisce la pace e la gioia a tante famiglie divise da odi implacabili come ai Caruso di Castelgrande (PZ). Al passaggio di Gerardo torna la gioia, rifiorisce la speranza.

Ascoltiamo san Gerardo, che ci dona una le­zione salutare su questa caratteristica specifica del vangelo. Ad una religiosa così scrive: “Noi non dobbiamo fare altro in questo mondo che amare Dio. Che bella cosa è l’essere tutto di Dio. Statevi allegramente e non vi avvilite, confidate in Dio e sperate da Dio ogni grazia. Non vi fidate troppo di voi stessa, ma solo di Dio… ciò che patite non sono di tenervi afflitta, ma bensì di farvi umiliare dinanzi a Dio e di farvi confidare maggiormente nella sua divina misericordia!”

(Pausa di riflessione)

– Credo al Vangelo, messaggio di gioia e d’amore ?
– Leggo spesso il santo Vangelo?
– Ascolto con attenzione la Parola di Dio?

San Gerardo con la sua vita e i suoi scritti ci invita alla gioia, alla serenità; gioia, quando il Signore ci mette alla prova; gioia, quando il dolore fa sentire le sue spine; gioia, quando “sorella morte” bussa alla nostra porta. Nella luce di Dio tutto si trasforma in gioia.

Preghiamo: O Signore, Padre nostro, che ci dai la gioia di chiamarti Padre fa’ che dalle piccole gioie di cui tu dissemini il cammino della nostra vita, ci avviciniamo a te, sorgente di ogni felicità. Fa’ che tutti gli uomini soffrendo, gioiendo, cantando, ca­dendo, rialzandosi, possano camminare verso di te, fino al giorno in cui da noi sparirà la Fede e la Speranza, e resterà solo l’amore gioioso a te, Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Questa implorazione l’affidiamo al glorioso san Gerardo e tu accettala per i meriti del tuo Figlio, Cristo Crocifisso.

Nono giorno
“Maria, unica mia avvocata”

In principio c’era la Madre… nel pensiero crea­tore del Padre; Madre feconda, resa tale dallo Spirito Santo, Madre che affratella tutti gli uomini in un amplesso, che sa di tenerezza e di fortezza. Madre, che impedisce che gli uomini siano orfani “in questa aiuola che ci fa tanto feroci”; orfani sperduti lungo le strade del mondo, in una solitudine che sa di primordi. Maria é la madre che riunisce la grande famiglia dei credenti in Cristo, proprio come riunì la piccola famiglia degli apostoli nel Cenacolo di Gerusalemme. San Gerardo sulle ginocchia di mamma Be­nedetta imparò ad amare Maria, “benedetta fra tutte le donne”. Ancora giovane, durante una processione della statua della Madonna per le vie di Muro Lucano, si avvicinò alla statua, infilò un anello al dito della Madonna ed esclamò: “eccomi sposato alla Madonna!”… Tutta la sua vita fu permeata di spiritualità mariana. Da religioso, nel convento di Deliceto, andava in estasi posando lo sguardo su un’effigie della Madonna. Sul letto di morte la Vergine apparve al suo servo e con celestiale sorriso lo invitò al paradiso. Dal “Regolamento di Vita” di san Gerardo stralciamo questa pagina che evidenzia bene la sua spiritualità. Pone lo Spirito Santo come centro e principio della sua spiritualità e la Madonna, che per volontà di Dio, è coinvolta in modo unico e perenne nel Mistero salvifico di Cristo, come seconda pro­tettrice. “Io mi eleggo lo Spirito Santo per unico mio consolatore e protettore del tutto. Egli sia il mio difensore e vincitore di tutte le mie difese. Amen. E tu, unica mia gioia, Immaco­lata Vergine Maria, tu ancora mi sii unica, seconda protettrice e consolatrice in tutto quello che mi accaderà. E sii sempre l’unica mia avvocata appresso Dio per questi miei propositi”.

(Pausa di riflessione)

– Considero la Madonna Madre di Dio e madre mia?
– Quale ruolo o posto ha Maria nella mia vita?
– Pratico qualche devozione particolare in suo onore?

Gesù, per mezzo della Madonna si fa uomo e si inserisce nella storia umana e diventa consan­guineo dell’umanità da redimere. Scaturisce allora un legame inscindibile tra Maria e Gesù. La Ma­donna è associata a Gesù non solo nel Mistero dell’Incarnazione, ma anche nel Mistero della Re­denzione. A Betlem, come Madre, sul Calvario come Corredentrice. La Madonna, quindi, è Madre di Gesù ed è Madre della Chiesa. Gesù asceso al cielo, effonde sulla Chiesa il suo Spirito che la vivifica e la rende comunità di salvezza. La Madonna che è stata presente nel Cenacolo, mediatrice dello Spiri­to Santo per la Chiesa, continua la sua missione nella santificazione, quale mediatrice universale di grazia per i singoli fedeli e per la Chiesa.

Preghiamo: Signore, Padre nostro, che ci hai voluto lasciare Maria come Madre, Maestra, Guida, Consigliera; che hai ricolmato la sua anima di ogni grazia e di ogni favore; che hai arricchito il suo corpo di ogni bellezza, concedi a noi tuoi figli, spesso ingrati, di seguire A’esempio di san Gerardo nel­l’amare, onorare, servire Maria, affinché. dopo que­sto esilio possiamo vedere, amare lei, “clemente, pia, dolce Vergine Maria!”

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